I messaggi fondamentali del romanzo sono i concetti di “essenziale” e “resilienza”, ma anche quello di “paura”, vista come ostacolo da superare per meglio comprendere ciò che ci circonda.
Venerdì 7 dicembre al Liceo Medi di Villafranca, gli studenti intervistano la scrittrice Paola Peretti, autrice del romanzo La distanza tra me e il ciliegio, stampato in più di venti Paesi. Il romanzo racconta la vita di una bambina di nome Mafalda, che sta per diventare cieca a causa di una patologia genetica della retina, la Malattia di Stargardt. L’intervista si è conclusa con la lettura da parte dell’autrice di biglietti su cui gli studenti avevano scritto il loro “essenziale” (cose, persone, attività) e con il firmacopie. Molti sono stati i ragazzi che si sono messi in fila per una dedica personalizzata, per scambiare due parole con l’autrice e ringraziarla per l’incontro.
Mafalda è un personaggio molto forte, combattivo, resiliente. Nel crearla, si è ispirata a qualche figura letteraria o esperienza personale?
«Mi sono ispirata a diversi personaggi della mia infanzia, come Pippi Calzelunghe, la Mafalda dei fumetti e i personaggi dei racconti di Calvino. In particolare, Mafalda, famoso personaggio di Quino, mi piace da sempre poiché è capace di pensare con la sua testa, vuole farsi un’opinione».
Il ciliegio è un simbolo nel romanzo. Ci può spiegare in che senso?
«Il ciliegio nel libro ricorda quello che avevo nel mio giardino da piccola, perciò volevo che simboleggiasse l’infanzia, ma anche il futuro che Mafalda vuole avere, ma sa che non può ottenere».
Ci è piaciuto molto il personaggio di Estella, che prende a cuore Mafalda. Si può dire che per la protagonista sia quasi una madre ideale?
«Come nome, Estella è un omaggio a un personaggio del romanzo Grandi Speranze di Charles Dickens. Nel mio libro Estella è una mamma spirituale, che supporta Mafalda emotivamente, in maniera sincera, mentre la sua madre biologica si occupa solo dei bisogni “fisici”, come assicurarsi che non si faccia male o che non vada a sbattere».
Mafalda è molto legata al ricordo della nonna, con cui sembrava avere un rapporto diverso rispetto a quello con i genitori. È così?
«Certo, come del resto potete probabilmente notare nel rapporto che avete con i vostri nonni. Mafalda trascorre con la nonna dei momenti di di grande gioia, che per lei sono molto importanti».
Nel romanzo vi è un costante parallelismo con Il barone rampante di Italo Calvino. Perché ha scelto proprio questo libro?
«L’ho scelto poiché era il mio libro preferito quando ero bambina, inoltre penso che sia un libro con delle tematiche molto attuali e toccanti. La protagonista infatti dialoga continuamente con Cosimo, personaggio principale de Il Barone rampante, arrivando perfino a chiamare il suo gatto Ottimo Turcaret, come il cane del romanzo di Calvino».
La paura è un tema centrale nel libro, come si capisce dalla frase “la paura aiuta a vedere le cose con più chiarezza, dopo un po’ ”. Cosa intende dire?
«Come altri temi del libro, anche la paura ha un significato allegorico, per esempio la paura di non riuscire a vedere un futuro per se stessi, di non riuscire a trovare una soluzione. Ma se continuiamo ad impegnarci, a cercare soluzioni, allora possiamo sconfiggere la paura e comprendere meglio gli altri ed il mondo che ci circonda».
Una delle parole-chiave del romanzo è “essenziale”, termine che forse contiene anche il messaggio del libro. È corretto affermarlo?
«Sì, penso che sia il messaggio fondamentale del romanzo, insieme al concetto di resilienza. Credo che tutti noi siamo chiamati, nel corso della vita, a trovare il nostro essenziale, affinché ci permetta di andare avanti».
A molti di noi piace scrivere. In lei come è nata questa passione? Che consiglio darebbe a un ragazzo che coltiva questo sogno?
«Nel mio caso, la passione per la scrittura è arrivata dopo che mi sono appassionata alla lettura. Vi consiglio di dare sfogo alla creatività, di capire come siete voi stessi. Se poi vorrete diventare scrittori, cercate di essere inventivi e fantasiosi nelle avventure del vostro protagonista. Cercate anche di scrivere un poco ogni giorno, magari tenete un diario, che aiuta a mettersi in comunicazione con la propria interiorità».
Come le è venuta l’idea dell’elenco delle cose essenziali di Mafalda?
«L’ho stilato un po’ come linea guida per i capitoli successivi. Inoltre, serve da simbolo di speranza per Mafalda».
Davide Bianchini,
Liceo E. Medi, Villafranca (VR)
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